di Angelica Giuliani
Milano, 2024 - “Il libro è nato da solo, noi ci abbiamo messo solo passione e ricerca...”, così esordisce a proposito di Shakespeare in Hollywood, (Einaudi 2024) il prof. Arturo Cattaneo, docente di Letteratura Inglese, coautore con Gianluca Fumagalli, autore di film e regista. Ieri in Università Cattolica la presentazione è stata occasione di un dialogo tra loro e i docenti Enrico Reggiani, di Letteratura Inglese, e Armando Fumagalli, di Teoria dei Linguaggi.
Al centro del dibattito il dualismo culturale e geografico riguardante William Shakespeare, la cui “appropriazione” è contesa sia tra cinema e teatro che tra Gran Bretagna e Stati Uniti. Una battaglia di natura culturale e geografica che comunque permette di riconoscere in lui il punto di riferimento fondamentale tra più mondi. Il saggio nasce dalla ricerca di tutte le storie che narrano la complessa vicenda del grande drammaturgo e, secondo Reggiani, “contiene tutto ciò che è necessario sapere sull’esperienza shakespeariana”.
La genesi dell’opera ha origine circa 20 anni fa nelle aule della Cattolica, quando il prof. Cattaneo ha considerato che le nuove generazioni trovano più agevole uno studio basato su formati visivi piuttosto che cartacei. Per questo, gli autori propongono "una prospettiva non tradizionale dell’argomento Shakespeare”, raccogliendo ricerche, riferimenti a film e chicche per gli appassionati. “Leggendo si scopre che la storia di come i film vengono fatti è appassionante e avventurosa quanto i film stessi”, commenta Armando Fumagalli.
Questo “saggio creativo” è stato per gli autori un divertente “viaggio di scoperta”, dicono, che li ha portati a unire le forze, creando un ponte tra l’interesse per la letteratura dell’uno e quello per il cinema dell’altro.
A tutti i presenti l’incontro ha offerto anche l’opportunità di prendere nota di alcuni titoli di film da guardare e libri da leggere…
di Giulia Ausilio
“Sognatrici: le donne afghane e il racconto della resistenza ai talebani” è l’evento che si è tenuto in Università Cattolica nell’ambito della settimana di Bookcity MIlano 2023.
A parlare del libro Noi, afghane. Voci di donne che resistono ai talebani sono state le giornaliste del quotidiano Avvenire, Lucia Capuzzi, Viviana Daloiso e Antonella Mariani, curatrici del volume edito in collaborazione con Vita e Pensiero. Con testimonianze commoventi hanno raccontato storie di donne afghane succubi di un regime che le vorrebbe cancellare, ma che, nonostante le angherie, resistono in nome di sogni e di un futuro in cui sperano ancora. Si tratta del prodotto cartaceo della campagna #avvenireperdonneafghane, che contiene ritratti fotografici e interviste: l’idea dietro è che le storie diventando patrimonio di tutti siano poi più difficili da ignorare.
Ad accompagnare le testimonianze il documentario “The Dreamers: Afghan Women’s Resistence” del regista Alessandro Galassi. I paesaggi dell’Afghanistan hanno fatto da cornice alle giovani durante le lezioni e alle brevi interviste sui cambiamenti avvenuti nella loro vita più recente. Da questi dialoghi si evince che la loro è una lotta silenziosa, costante, per non perdere mai la speranza.
di Giulia Ausilio
Monza, 27 aprile - Sono Giulia, ho 21 anni, e negli ultimi mesi ho partecipato a uno stage per la rivista Megliounlibro. La mia passione per i libri e l’interesse per il book counselling mi hanno spinto a candidarmi, vivendo così un’esperienza inaspettata.
Prima di iniziare pensavo sarebbe stato un lavoro strettamente legato alla scrittura e lettura; invece, questo tirocinio mi ha sì concesso di approfondire e conoscere meglio l’universo dell’editoria, ma mi ha introdotto anche ad altre strade.
Infatti, alla domanda: “In cosa consiste il tuo stage?” è sempre stato complesso rispondere per me, poiché non mi sono limitata ad un’unica attività, ma ho lavorato a locandine, video, interviste radio, eventi, oltre che naturalmente a recensioni delle perle di Megliounlibro. Ciò mi ha permesso di ampliare le mie conoscenze e i miei interessi e di mettermi in gioco per conoscere meglio me stessa. È stata una sfida! Trovandomi spesso in contesti nuovi inizialmente ero spaesata e intimorita dal possibile risultato, ma essere riuscita a realizzare ognuno dei compiti assegnatomi mi ha dato grandi soddisfazioni e consapevolezza.
Il mio lavoro si è svolto soprattutto a distanza, con eccezione per eventi come Bookcity Milano, in Biblioteca Sormani o la presentazione di libri in Università Cattolica. Nonostante la “lontananza”, ho percepito ogni assegnazione come “cucitami” addosso, nel tentativo di valorizzare le mie competenze e attitudini, come il lato artistico; infatti, ho lavorato anche ad albi illustrati per bambini, scoprendo così una realtà nuova, ma sorprendentemente vicina ai miei interessi.
Ora che è concluso posso dire di avere imparato molto da questo percorso: l’ho trovato immensamente stimolante e significativo. Ciò che mi ha lasciato è il motivo per cui ho scelto di proseguire la collaborazione con Megliounlibro, nella speranza di continuare a sperimentare e scoprirmi.
Volentieri pubblichiamo il contributo di una docente e nostra collaboratrice, grande appassionata di questo autore, in occasione dei 4 anni dalla scomparsa.
di Patrizia Gioè
Il 16 aprile 2020 il Covid si è portato via Luis Sepulveda. Sono già 4 anni. La notizia mi arrivò da una mia talentuosa alunna, della 3 media B in cui insegnavo (aveva da poco recensito per una gara Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza). Lo comunicò lei alla classe, eravamo tutti collegati "a distanza". Ne parlammo, rileggemmo alcune pagine che in tanti abbiamo amato, scrivemmo riflessioni…
Poi leggemmo sui quotidiani: il contagio poteva aver aggravato un banale raffreddore. La sua era stata una vita da fuggiasco: dal Cile di Pinochet, che lo aveva incarcerato e poi liberato grazie ad Amnesty International, a torture e prove durissime per arrivare in Europa e impegnarsi con gli attivisti di Greenpeace.
Diceva: “Essere scrittore per me vuol dire raccontare le storie di persone che il mondo ritiene poco interessanti” e forse per questa sua sensibilità i suoi romanzi sono ancor oggi senza tempo: favole per i piccoli, come quella della lumaca, scaturita dalla domanda del suo nipotino Daniel che, nel giardino di casa, gli chiese: “Perché è così lenta la lumaca?”, ma sono anche storie per quei grandi che cercano risposte.
La sua attività lo portò spesso in Italia, grazie all’editrice Guanda che ne ha pubblicato tutta l’opera, e con Ilide Carmignani, la traduttrice, che lo ha seguito fino all’ultima opera, Storia di Luis Sepulveda e del suo gatto Zorba, l’autobiografia raccontata dal famoso gatto che insegnò alla gabbianella a volare.
Ho avuto il privilegio di assistere a due sue presentazioni a Milano: quella “della lumaca” il 12 dicembre 2014 e quella de Il cane che insegnò al bambino la fedeltà, il 24 ottobre 2015. Ho il ricordo di un uomo profondo, molto legato alla terra d’origine e al suo popolo, i Mapuke del Cile, che non conoscevano la scrittura e si affidavano al potere suggestivo del tramandare tradizioni e leggende tramite l’oralità. Mi aveva colpito il richiamo all’importanza della parola, al potere che riveste nel narrare e alla suggestione della parola che diviene racconto e sguardo sul passato per riflettere sul presente e prepararsi al futuro.
Il cane, la lumaca, la balena e naturalmente il gatto che cova l’uovo e dà la vita a un cucciolo di gabbiano per onorare una promessa sono stati per lui sguardi sul mondo attraverso la voce, i profumi, i sapori, i sensi degli animali.
La storia più bella per me? Storia della balena raccontata da lei stessa. Disse che era stata per lui un’avventura, a 16 anni arrivare in autostop fino alla Patagonia, allo stretto di Magellano… Da quella volta studiò i richiami delle balene, che sono messaggi per orientarsi, per vivere in famiglie…
Un uomo che ci ha regalato briciole di magia.
di Giulia Ausilio
Roma, dicembre 2023 - Presso la Pontificia Università della Santa Croce si è tenuta la presentazione del saggio In volo con le emozioni di Vittoria Lugli (San Paolo Edizioni). La prof. Ilaria Vigorelli ha moderato il dibattito tra don Francisco Insa, don Fabio Rosini, Annalisa Consolo e l’autrice, una psicoterapeuta clinica che ha addestrato piloti e astronauti per affrontare le missioni dell'Aeronautica. Da questo stretto legame con il volo il libro prende il titolo.
Al centro di tutto il tema delle emozioni: infatti si è parlato della tendenza ad assecondarle o farle tacere perché considerate “fastidiose”. Lugli ha voluto analizzarne il ruolo nella nostra esistenza, ricordandoci come siano fondamentali ma non debbano prevalere nel “volo della nostra vita” bensì vadano gestite, soprattutto nei momenti di "emergenza". Quindi l’autrice, traendo spunto dall’esperienza, vuole mostrare nel suo studio come imparare a leggerle e analizzarle perché non diventino un limite per il futuro ma anzi possano, grazie ad un buon “addestramento” servire per superare i momenti difficili.
Il saggio si riferisce in particolare ad un metodo innovativo per i pazienti in psicoterapia ma l’incontro, alternando letture di estratti dal testo con interventi degli ospiti, ha saputo cogliere e approfondire anche altri aspetti significativi. Così la presentazione si è tramutata in confronto stimolante, dove anche il pubblico è stato coinvolto. “Abbiamo tendenza a voler risolvere i problemi, ma il buon padre non è quello che risolve i problemi dei figli, bensì quello che insegna ai figli a risolverli”, questo un esempio delle riflessioni di don Fabio Rosini che tra le altre hanno suscitato grande interesse.
Megliounlibro: la nostra selezione di 16 titoli per la Giornata della Memoria 2024 viene rilanciata dalla stampa e dal web...
Il Giorno della Memoria 2024 arriva in un contesto particolare, segnato da un clima di guerre e divisione. Per cui il motto “Leggere per non dimenticare” assume un valore ancora più ampio.
Per il 2024 Megliounlibro propone quindi una selezione, per fasce d’età, di 16 titoli pubblicati di recente e dedicati alle 3 Giornate: 27 gennaio, 10 febbraio, 24 aprile, la Memoria della Shoah, il Ricordo delle foibe, il genocidio degli Armeni. Perché leggere serva davvero a non ripetere.
Hanno parlato dell'iniziativa diverse testate tra cui Comolive, Resegoneonline, Vareseinluce, Valtellinanews
di Nicole Falavigna
Chi più chi meno, quando eravamo bambini, amavamo le favole. Quelle brevi storielle che la mamma usava raccontarci malgrado la stanchezza della sera, per accompagnarci con le sue parole nel sonno. O quelle ascoltate nei lunghi viaggi in treno, che sembravano non finire e che risultavano passare più velocemente grazie al suono della voce della nonna. O ancora quelle dei mille libricini colorati da cui uscivano orsi paffuti, ranocchie luccicanti, lupi affamati e farfalle sgargianti che la zia ci portava in dono a Natale.
Erano storie che avevano il potere di trasportarci, solo ascoltandone le parole, in luoghi lontani, meravigliosi, dove era la fantasia ad avere lo scettro: foreste incantate, case sugli alberi, grotte incrostate di diamanti, castelli di zucchero e città sottomarine. Gli occhi si chiudevano e la mente prendeva il volo.
Poi siamo cresciuti, siamo diventati grandi, e di favole non ne sentiamo più così tante. Perché mai perdere tempo con sciocchezze infantili per di più inventate? Bisogna pensare alla vita di tutti i giorni, fatta di concretezza, di strade d’asfalto e case di cemento, dove non esistono formule magiche o incantesimi.
Ma siamo proprio sicuri che le favole siano solo “una perdita di tempo”?
Se lo è chiesto Megliounlibro, un magazine fatto da giornalisti, docenti ed esperti del settore che offre un servizio di Book Counseling ai suoi lettori con il desiderio di far ritrovare loro il gusto per una lettura di qualità che trasmetta bellezza. E lo ha chiesto poi all’autore a cui quest’anno ha deciso di assegnare la II edizione del Premio Letterario Megliounlibro, Paul Bakolo Ngoi, per Nonno raccontami una favola. Nella cornice della Sala del Grechetto, alla Biblioteca Sormani di Milano, Paul racconta la sua storia, intrecciata a quella dell’ultima opera pubblicata. Classe 1962, Paul nasce nella Repubblica Democratica del Congo, frequenta il liceo classico a Kinshasa e poi inizia a viaggiare per via del lavoro del padre, un diplomatico. Solo all’età di 12 anni, durante un viaggio in Africa, ha la possibilità di conoscere suo nonno, il cantastorie dei villaggi sperduti nel cuore della foresta equatoriale. Il nonno lo porta sul fiume, e lì inizia a narrare le favole della sua terra, che “hanno la forza di raccontarci la vita facendoci rimanere con i piedi per terra”, capaci allo stesso tempo di farci sognare e di trasmetterci una morale implicita, la cosiddetta “morale della favola”.
Ed è proprio passeggiando, molti anni dopo, sulle rive di un altro fiume, il Ticino, a Pavia, dove Paul si è laureato in Scienze Politiche e dove oggi vive, che queste storie del nonno gli ritornano pian piano alla mente e nasce l’idea del libro. Un libro grazie al quale la saggezza di quel nonno ha trovato la via per arrivare anche a noi, e raccontarci storie della tradizione congolese delle quali altrimenti non saremmo mai venuti a conoscenza.
“Paul è in un certo senso l'ambasciatore della fiaba africana, il rappresentante di un macrocosmo delle cui tragedie si parla molto ma della cui cultura poco o nulla”, ha detto Mino Milani, scrittore pavese mancato di recente.
Quindi alla domanda “è ancora tempo della favole?” Paul risponde così: “Io credo nelle favole, in quelle che vengono dalla tradizione, perché in queste riusciamo a trovare un modo per leggere la realtà di oggi. Non sono solo racconti di una volta, non sono solo cose che appartengono ai tempi dei nonni. Quindi sì, è ancora tempo delle favole. Perché i bambini di oggi e quelli di ieri hanno qualcosa in comune”.
Ecco dunque che “Nonno raccontami una favola” è una di quelle rare perle luminose, che, come si legge nelle motivazioni “affascina e coinvolge, trasporta i bambini in un mondo fantastico ma non irreale, dal sapore universale, pacificante, ricco di messaggi e bellezza, che Megliounlibro ha riconosciuto e recuperato nell’impetuoso mare delle opere editoriali e che sceglie di premiare quest’anno”.
Claudia Pintus, docente UniPegaso, lo ha definito “una pagina di cultura, di tradizione, di valori, tutti noi abbiamo bisogno dei nonni”.
di Giulia Sabatinelli
Roma, ottobre 2023 - Errori tra i Banchi: questo il titolo del saggio di Valeria Caragnano, insegnante e madre, presentato giovedì 28 settembre. Intervistata da Romano Cappelletto per le Edizioni Paoline, con il contributo di Maria Buccolo (ricercatrice), la docente ha analizzato da variegati aspetti il tema complesso dell’errore, consigliando metodologie da lei messe in atto per ridurre il senso di colpa e di vergogna del bambino, come quando si indica l’errore con un’annotazione invece di utilizzare la penna rossa.
Inoltre è stato evidenziato come sia importante la connessione tra apprendimento ed educazione della sfera emotiva e come si debba agire proprio sulle emozioni per estrarre il positivo da ogni situazione anche nel vivere di tutti i giorni.
L’incontro è stato arricchito da letture di passaggi tratti dal libro, per offrirne un quadro chiaro. In chiusura le domande e le considerazioni da parte degli ascoltatori. Per citarne una: potrebbe essere utile la penna verde per segnalare gli errori, al posto di quella rossa? Mah, così si nasconde soltanto l’errore… bisogna trovare metodi diversi. Il tempo dedicato ha permesso lo sviluppo di altre tematiche relative al grande tema dell’errore, dal “paradosso montessoriano” alle riflessioni sulle tappe dell’istruzione. Sottotitolo del volume: Crescere grazie agli insuccessi.
di Giorgia Zanatta
I famosi sette secondi della psicologa Linda Blair, quelli necessari per giudicare chi ci sta di fronte. Non un attimo di più è servito ad Ayman Chaudhary per diventare virale. Con un TikTok visto oltre 67.000 volte e un hashtag (#SongOfAchilles, in riferimento al libro di M. Miller) arrivato a vantare 256 milioni di visualizzazioni, ha fatto proprio una bella prima impressione agli utenti dell’app cinese sempre più in voga. Il suo video, fulmineo e divertente quanto basta, passatempo preferito di molti durante il lockdown 2020, ha dato ingenuamente vita al fenomeno oggi conosciuto come #BookTok.
Di che si tratta?
Un hashtag di tendenza sull’app prediletta dalla Generazione Z, un club di lettura a cui sono invitati vicini di casa e vicini di mondo, una libreria virtuale in cui chiunque può accompagnare il cliente tra gli scaffali e consigliare un titolo. Ma non solo: BookTok sta apparentemente diventando il giubbotto di salvataggio dell’editoria mondiale. È stato indossato inizialmente un po’ per forza, per non affogare, per attirare quei giovani che si dice non leggano più e per cavalcare l’onda di una moda che come tutte passerà, ma che nel mentre sta generando guadagni da tempo ambiti e solo sognati.
Qualche dato
Secondo l’Associazione Italiana Editori e il Centro per il Libro e la lettura, nel 2021, proprio il trend di TikTok ha contribuito a far crescere il mercato editoriale del 16% rispetto all’anno prima. Il 2022 ha subito ristabilito gli equilibri e placato gli animi sovraeccitati degli addetti ai lavori, con un calo delle vendite del 3,7% nei primi 4 mesi. Il buon umore è rimasto comunque a galla soprattutto grazie alla narrativa straniera, che ha fatto registrare un +6%. Oltreoceano, NPD Bookscan, servizio di analisi dell’editoria a stelle e strisce, rileva come negli Stati Uniti non si vendessero così tanti libri dal lontano 2004: 825 milioni, con gli autori osannati sulla piattaforma passati alla cassa il doppio delle volte rispetto al 2020.
Chi c'è dietro?
Dietro a #BookTok non si nascondono geniali menti del marketing. Queste, eventualmente, si sono avventate sulla preda, servita su un piatto d’argento da TikTokers di qualsiasi età e background, liceali, neodiplomati, professionisti del settore, scrittori. Dal 2020 a oggi, si è creata spontaneamente una community di amanti dei libri, di pagine da sfogliare e storie da respirare, in cui i giovani creators, spesso veri e propri influencer, fanno un po’ da bibliotecari, un po’ da guida, guru e consiglieri. Recensioni, classifiche personali, raccomandazioni, anticipazioni… Come su ogni social, non ci sono regole prestabilite: spazio alla creatività, alla spontaneità e all’inventiva. Parole chiave: brevità e dinamicità, per un format più coinvolgente rispetto all’estetica forzata dei post su Instagram o alla lunghezza dei video su Youtube. Pochi secondi a disposizione, dunque, da dedicare non al racconto di trame e sinossi, ma alla rappresentazione visiva e spesso drammatica delle emozioni suscitate dalla lettura. È proprio qui che si cela il segreto del successo di #BookTok: lettori parlano ad altri lettori, consumatore a consumatore. Musiche ed effetti sonori di sottofondo, interpretazioni improvvisate, buffi travestimenti, tagline iperboliche, appuntamenti live per una vera e propria condivisione: linguaggi e contenuti che indicano la via verso young adult, romance, fantasy e anche classici. Se questi sono i generi più discussi, ogni booktoker ha sempre la libertà di focalizzarsi sul genere che più preferisce, rivolgendosi a un pubblico specifico, una sub-community di cui fiducia, senso di appartenenza e scambio reciproco sono le implicite fondamenta.
E la qualità?
#BookTok non è comunque garanzia di qualità. Se la personalizzazione e popolarizzazione del mercato editoriale da una parte ha risvegliato il giovane pubblico da un lungo letargo, dall’altro rischia di indirizzarlo verso la sempre incombente minaccia dell’omologazione e della semplificazione. I titoli consigliati sono spesso sempre gli stessi, quelli sulla bocca di tutti al momento della pubblicazione del video, con una differenziazione di generi minima e la certezza di lettura da parte del booktoker mai confermata. Lo stesso testo della Miller, osannato da Booktok, a tanti critici letterari è parso discutibile, adolescenziale.
di Giorgia Zanatta
Il mal di testa a fine giornata è assicurato. Occhi stanchi, orecchie assordate, piedi gonfi: tutti effetti inevitabili di una giornata trascorsa alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, dal 6 al 9 marzo melting pot di storie, illustrazioni e contenuti multimediali provenienti dal mondo intero.
È un mal di testa piacevole, però. È provocato da lingue che si sovrappongono in un idioma non ancora inventato, da persone che vanno e che vengono di cui origliare senza troppa vergogna piani e discorsi, da disegni appesi come quadri da ammirare, da libri distribuiti e scambiati come se fossero merce proibita, da presentazioni da ascoltare seduti a terra o su scomodi sgabelli traballanti.
Superati i gate d’ingresso, una mappa per facilitare l’orientamento è il primo elemento del kit di sopravvivenza da recuperare. Altrettanto essenziali sono bottigliette d’acqua, spalle robuste, biglietti da visita, infinita pazienza e un pizzico di intraprendenza. Respiro profondo e via, ci si perde tra mall, hall, bistrot, bookshop, corners, cafés, exhibitions, theaters, lounge e chissà quali altri spazi soprannominati all’americana. Programma alla mano, si entra un po’ timorosi in un mondo di compravendite, di scambi amichevoli, di appuntamenti fissati, di Paesi che si alleano in un inglese ballerino.
Circa 1400 espositori aspettano con il sorriso e accolgono a braccia aperte (i migliori offrendo anche qualche biscotto) visitatori nazionali e internazionali, addetti ai lavori dell’universo editoriale, agenti, giornalisti, aspiranti artisti, autori e illustratori, clienti di passaggio e appassionati esperti. Case editrici piccole, medie e grandi dispongono i propri capolavori su tavoli imbanditi di animali dalle fattezze umane, di volti dai tratti stilizzati, di titoli più o meno in grassetto e più o meno promettenti. Niente scrivanie informali né uffici asettici: ci si incontra accomodandosi su sedie colorate e tavolini da romantica pellicola francese, circondati da librerie in cui risplendono libri cromaticamente ordinati e immersi tra scaffali di opere dalle copertine nordiche, esotiche, occidentali, orientali, tutte invitanti, tutte ipnotiche.
C’è chi mangia poké veloci e poco pesanti, chi contratta con voce ammaliante, chi lascia la propria traccia con linee colorate sui muri, chi si trascina dietro valigie piene zeppe di tesori. L’area dei contratti è l’unica a incutere timore, in bilico tra la grotta dell’orco e il palazzo del principe. Lì si fa sul serio: si parla di diritti e scadenze e talenti meritevoli e storie che non valgono la pena, lì si può vincere tutto o perdere un po’ di speranza.
Workshop, masterclass, grandi personalità che richiamano una folla o parlano a piccoli gruppi di uditori. Si è circondati da artisti che lasciano biglietti da visita, da autori che si lanciano alla conquista del mondo, da case editoriali che cercano promesse e probabili vendite. E sembra che si conoscano tutti, in bagno si salutano, negli stand si presentano, alle conferenze si ringraziano e si citano. Tutti costantemente al telefono, a chiedere permessi, a comunicare risultati, a contattare nuove conoscenze.
Tutto questo per chi? Per bambini e ragazzi che nei prossimi mesi si addormenteranno ascoltando queste storie della buonanotte, che impareranno a leggere le loro prime parole su queste pagine, che si affezioneranno ai personaggi di questi racconti, che studieranno su questi libri di testo.
Si passeggia e viene voglia di scrivere. E allo stesso tempo di disegnare, di tradurre, di raccontare. Qui sembra che ogni idea possa prendere forma e che ogni storia possa raggiungere il proprio pubblico.
di Giorgia Zanatta
Giornata Mondiale della Poesia. È l’occasione perfetta per presentare a un pubblico di studenti, giornalisti, curiosi e appassionati la collana intitolata “La poesia è di tutti” curata dal Corriere della Sera in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Sul palco dell’Aula Magna sale per primo il rettore Franco Anelli che, citando Italo Calvino e le sue Lezioni americane, accoglie la platea e introduce “la poesia come forma d’arte intorno alla quale raccoglierci” e riflettere. Ricorda come i versi conosciuti dai più siano ormai quelli istituzionalizzati, imparati a memoria tra i banchi di scuola. La poesia contemporanea è però tanto viva e affascinante quanto ignota e sottovalutata. Per questo, la sua promozione e diffusione deve essere d’interesse generale, uno sforzo comune a vantaggio delle rime scritte dall’uomo, oggi minacciato anche in questo settore dalla macchina. A quest’ultima, sempre più inarrestabile e intellettualmente dotata, manca solo un pizzico di creatività per raggiungere il livello di uno scrittore o di un poeta. La sensibilità umana è ancora l’arma vincente, va dunque preservata e le va data la possibilità di esprimersi!
Tematiche riprese da Barbara Stefanelli, vicedirettrice del Corriere, che si presenta recitando la filosofia essenziale del quotidiano: “La libertà delle idee”. Silenzia subito tutti i dubbi, mettendo in luce la connessione tra mondo dell’informazione e poesia. Mentre cronaca e notizie possono causare spavento, timore e una successiva naturale chiusura da parte del lettore, la poesia risponde a questa reazione con lo stupore. Dona uno stato di meraviglia e permette di affrontare l’oscurità, di scegliere un atteggiamento di apertura e inclusione, di cogliere e accogliere il dolore altrui e costruire qualcosa di nuovo da un punto di partenza negativo. Il Corriere riserva alla poesia un posto fisso, in cui si introducono opere nuove, di italiani e stranieri, più o meno famosi. Simbiosi che culmina ora nella pubblicazione della collana “La poesia è di tutti”, 25 tascabili, copertina colorata e un segnalibro incluso, circa sessanta pagine dedicate ogni settimana ad un poeta. Stefanelli conclude citando Eugenio Montale, redattore del Corriere e poeta, nel suo discorso da vincitore al Nobel del ’75: “Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile.”
È invece Filippo Capobianco, 24 anni, campione nazionale 2022 LIPS (Lega Italiana Poetry Slam) a dare voce alla poesia contemporanea. Studente di fisica, ipnotizza il pubblico recitando due sue creazioni in rima. In “Divergenze o storie di un cosmologo innamorato” sottolinea i punti in comune tra la sua materia di appartenenza e la sua vocazione: entrambe le scienze ricercano la sintesi e l’intuizione con il desiderio e lo scopo di descrivere una bellezza universale. Raccontando storie con parole musicali e poetiche, Filippo cerca di ridare senso alle zone grigie del linguaggio, riportando la poesia alle origini, tra le braccia dell’oralità.
Seguono due interventi: Daniele Piccini, editore del Corriere e curatore della collana, e Giuseppe Lupo, professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea e scrittore. Il primo approfondisce l’aspetto del destinatario. Un “tu” libero di essere curioso o indifferente, un “tu” lettore esortato a prestare attenzione alla voce dell’autore, maestro di un linguaggio caldo, vivido, a volte apparentemente disarmonico, ma proprio per questo da seguire.
Il secondo evidenzia come spesso una carriera nel mondo letterario inizi proprio muovendo i primi passi tra versi e rime. Il ritmo delle parole inculcato dalla poesia rimane un insegnamento che si ripercuote anche tra paragrafi e capitoli di un libro. La platea viene poi introdotta a una metafora casalinga. Secondo Lupo, l’uomo utilizza due lingue: "quella del pigiama e quella della giacca e cravatta". Dalla prima, onirica e visionaria, sgrammaticata e scanzonata, nasce quella che può diventare potenziale letteratura, perché autentica e senza filtri.
L’incontro si chiude tra le note al pianoforte del compositore Stefano Bollani, cantate in duetto con l’attrice e regista Valentina Cenni. Mettono in scena prima “Il disertore”, canzone del ’54 di Boris Vian tradotta da Ivano Fossati, e poi “Dove vola l’avvoltoio”, testo pacifista del ’58 di Italo Calvino e musica di Sergio Liberovici. Trasportano così la platea in un viaggio nella Parigi dei grandi poeti che scrivevano canzoni d’amore e nella Torino dei letterati del movimento Cantacronache, pionieri del cantautorato italiano.
La poesia sembra quindi davvero alla portata di tutti, raggiungibile e fruibile sulle pagine di un libro, dal palco di un teatro, dalle casse di una radio. Un’arte che muta, mai uguale a se stessa, imprevedibile e ammaliante, che si trasforma, che è ovunque e va trovata..
di Giorgia Zanatta
“Avere un bel libro è un diritto di tutti i bambini!” Così Pietro Vecchiarelli inizia e conclude il suo intervento alla 60esima edizione della Bologna Children’s Book Fair. Al centro dell’attenzione e di passaggio tra le mani del pubblico presente, ci sono libri tattili illustrati, pensati e realizzati per bambini ciechi, ma fruibili da tutti, grandi e piccoli, vedenti e non vedenti. Si tratta di un vero e proprio movimento artistico che ha avuto, ha e continuerà ad avere la volontà e la possibilità di raccontare un infinito numero di storie.
I libri tattili illustrati sono albi per bambini dai 3 agli 11 anni, una produzione letteraria che tenta di colmare l’immensa differenza di offerta per lettori vedenti e per quelli non vedenti. Rappresentando spesso le primissime esperienze a contatto con il Braille, diventano inevitabilmente un percorso di educazione alla lettura e alla realtà stessa. Le illustrazioni per il pubblico dei più piccoli riproducono oggetti reali per creare una connessione con la realtà che li circonda quotidianamente. Man mano che l’età del target di riferimento avanza, ci si avvicina a una progressiva simbolizzazione di ciò che il bimbo già conosce. È così che il vento si trasforma in fili di lana sinuosi, una roccia in un cerchio irregolare di cartone ruvido, le stelle in puntini accennati su uno sfondo scuro.
Per facilitare la lettura, questi libri hanno poche ma necessarie caratteristiche: il testo viene realizzato con doppia scrittura nero-braille a carattere ingrandito; le illustrazioni sono rilevate rispetto alla pagina; c’è sempre una perfetta corrispondenza tra testo e immagine; la rilegatura deve permettere l’apertura totale del libro sul piano; è presente una copertina rigida a protezione; i colori sono sgargianti e a forte contrasto a vantaggio degli ipovedenti e per attrarre allo stesso tempo anche i bambini vedenti.
Le illustrazioni, collage composti da materiali di ogni tipo (plastica, legno, carte, lana…), devono essere un puzzle da ricostruire con facilità: niente particolari, semplicità è la chiave di un’interpretazione di successo. Il lettore, in autonomia, ha bisogno di tempo per navigare lentamente tra la dimensione scritta e quella disegnata… Solo dopo un notevole sforzo, l’immagine può manifestarsi nella sua interezza. Per questo motivo, non ci sono mai più di una dozzina di illustrazioni in un’opera di questo genere. Il libro tattile, inoltre, per essere apprezzato al meglio, va raccontato! L’esperienza di lettura richiede quindi una condivisione di tempo, energie e concentrazione da parte di genitori, lettori adulti e bambini.
L’editoria tattile illustrata si pone gli obiettivi di garantire la qualità tecnica, tiflologica ed estetica dei propri libri, di promuovere in modo costante ed efficace il proprio prodotto nelle biblioteche, nelle scuole, nella società in generale e di organizzare momenti di formazione dedicati a genitori, bibliotecari ed educatori. Su quest’onda, va menzionata la TD-BOX, Tactile Digital Box, biblioteca itinerante realizzata grazie alla collaborazione tra Fondazione Cariplo, Fondazione LIA-Libri Italiani Accessibili e la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi. Questa scatola multimediale, che aspira a viaggiare in tutta Italia, è munita di libri, sedie, tavole e lavagna necessari per vivere esperienze e narrazioni tattili e digitali, per realizzare attività didattiche e coinvolgenti laboratori.
Dal 2008 ad oggi, sono stati pubblicati 70 diversi titoli. Può sembrare un numero ridotto, ma va considerato che si tratta di 1400 libri interamente prodotti a mano, uno per uno. Piccole opere d’arte.
di Marco Fort
Figli e genitori, così vicini e insieme così distanti. Essere una famiglia è forse un paradosso: a volte bisogna accettare diversità, accogliere le direzioni inaspettate che la vita ci mette davanti, affrontare crisi e distanze. Eppure una certezza vivrà sempre, ed è quella dell’amore. Anche se si esprime in forme differenti da persona a persona, questa forza, a volte silenziosa, è l’atmosfera di ogni famiglia. L’amore dei genitori e dei figli ha tempi e modi propri, ma è il nucleo primo di ogni cosa, e quello a cui prima o poi torneremo sempre.
“È stata la prima volta in cui l’ho potuto incontrare da giovane”, svela l’autrice Camilla Ghiotto in occasione della presentazione di Tempesta. Sì, perché nel romanzo d’esordio – edito per Salani – Camilla, appena 23 anni, racconta il rapporto con il padre. Un rapporto unico, diverso da quello a cui siamo abituati, ma proprio per questo esemplare di quell’amore che definisce tutte le relazioni tra genitori e figli.
Camilla e il padre Renzo, infatti, hanno settant’anni di differenza. Vivono due epoche diverse, apparentemente lontanissime e incomunicabili. “La protagonista cresce, esplode di vita, proprio quando il padre si richiude, si spegne lentamente”, aggiunge Camilla. Nei confronti di questa infanzia così inconsueta il padre incontra difficoltà – “un affetto inaccessibile, fatto di libri e di cultura”, che per via di quei giri misteriosi della vita ha finito però per influenzare la figlia, oggi scrittrice – e allo stesso tempo Camilla finisce per vergognarsi di questo padre così diverso dagli altri.
Ma arriva un giorno in cui Renzo si ammala e viene ricoverato in una clinica, da cui non uscirà più. È così che inizia una nuova fase del rapporto con Camilla, allora solo diciassettenne. Incomunicabilità e distanze incolmabili che solo la scoperta di alcuni diari scritti da lui permetterà a Camilla di superare. E lì trova una storia nuova, quella della sua giovinezza, quando Renzo insieme ad altri coraggiosi aveva deciso di salire sulle montagne come partigiano.
Leggere le parole del padre è anche un modo per riscoprire le proprie radici, aggiungere alla grande mitologia della resistenza qualche riga adatta ai nuovi tempi.
Camilla è convinta che “un po’ di Resistenza ci sia in ogni famiglia”. Quei tempi densi che hanno lasciato impronte in ogni famiglia furono però anche trauma, paura, solitudine, senso di responsabilità: questo il racconto di Renzo, non una semplice celebrazione.
In quelle pagine ritrovate dopo la sua morte, quel padre anziano, che sembrava richiudersi in sé e ammutolirsi ogni giorno di più, ritorna, grazie alla magia della scrittura, ad avere 20 anni, la stessa età che ha oggi Camilla, un coetaneo nel passato. Si sviluppa allora, nel romanzo, un colloquio nuovo e inaspettato tra padre e figlia, che crescono insieme, un’altra volta e da capo, superando quelle barriere che li avevano separati all’inizio, le barriere dell’età e del tempo.
di Maddalena Valle
Al Salone di Torino il magazine Megliounlibro ha avuto una giornata tutta sua per incontrare abbonati e nuovi lettori in occasione del XXV del magazine. La redazione ha presentato la propria attività durante l’evento “Leggere è scegliere. Una storia, mille progetti”. Oltre alle iniziative nelle scuole e alle partnership con le università, uno spazio è sempre dedicato ai giovani collaboratori. Un gruppo eterogeneo, composto da ragazzi con formazioni molto diverse. Una laureanda in medicina, un’aspirante giornalista, uno studente di Letteratura alla Sorbona, un'esperta di contenuti web… tutti accomunati dalla passione per la lettura e la scrittura. Le diverse competenze di ciascuno sono proprio tra i criteri con cui vengono assegnate le nuove letture.
Durante la riunione di redazione, la direttrice propone i testi, inviati dalle case editrici, che verranno poi letti da almeno due collaboratori. Ci si confronta poi sulla validità del libro, tenendo conto di mille aspetti, contenuto, stile e attualità delle tematiche. La recensione, scritta subito dopo la lettura, cerca di offrire non tanto un riassunto, ma un vero e proprio counselling, individuando il pubblico più adatto e ciò che il libro può lasciare. Da un momento di svago a preziose testimonianze, come Le guerre delle donne di Emanuela Zuccalà, dai consigli di vita e di viaggi, come il testamento spirituale della giovane blogger Francesca Barbieri, Vivi ogni giorno come se fosse il primo, a una storia sconosciuta dedicata ai ragazzi, come La bugia che salvò il mondo di Nicoletta Bortolotti.
Diversi generi, diversi titoli, l’importante è che il libro sia una perla e offra ai suoi lettori un’occasione di arricchimento personale.
di Maria Letizia Bariola
La lettura offre l’opportunità di viaggiare fuori dai confini della propria esistenza e viverne temporaneamente un’altra. A scuola e a casa, ho avuto l’immensa fortuna di essere stimolata da persone animate da questa passione, che mi hanno condotto per mano alla scoperta di un mondo travolgente.
“Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”. Così dice Italo Calvino, ed effettivamente che cos’è un classico se non un libro che riesce sempre a mantenere vivo tale potere?
L’opportunità di lavorare per Megliounlibro è arrivata grazie allo stage curriculare del III anno del mio percorso universitario, presso la facoltà di Linguaggi dei Media: sono stata immediatamente incuriosita dall’idea di lavorare in un contesto che con tanta dedizione si impegnasse per risaltare al massimo questo mondo, che forse ultimamente è un po’ trascurato.
Cercare le “perle”, analizzarle, elaborare un proprio pensiero in merito e renderlo fruibile alla collettività: è stata un’occasione di notevole crescita personale, dove ho ampliato i miei confini in quanto lettrice e ho riscoperto l’amore per la scrittura.
Tra una recensione e un articolo ho avuto modo di riflettere tanto, sul mondo del lavoro, su nuovi generi letterari, ma soprattutto su me stessa, il tutto insieme a persone che condividevano e coltivavano devotamente la mia stessa passione.
La giornata presso il Salone del Libro di Torino è stata per questo motivo il momento dove tutto si è concretizzato, prendendo forma in un’esperienza unica: voglio infatti ringraziare tutta la Redazione, con un riconoscimento speciale alla prof. Laura Prinetti, che mi ha accompagnato in questo percorso.
di Alessandra Compostella
Presso il Castello Sforzesco di Milano, nella sala della Raccolta Bertarelli, ieri c'è stata la presentazione di “I segreti della pittura, da Leonardo a Picasso” edito da 24 ORE Cultura, di Pietro C. Marani.
Per il benvenuto presenti Claudio Salsi, Soprintendente del Castello Sforzesco e Giovanna Mori, Coordinamento Castello Sforzesco e Museo Pietà Rondanini | Michelangelo. Intervenuti l'autore, Pietro C. Marani, Professore ordinario di Storia dell’arte moderna al Politecnico, Maria Teresa Fiorio, Docente e conservatore museale, Enrico Maria Dal Pozzolo, Professore Associato di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Verona e Chiara Savino, Responsabile Editoriale.
Il volume è destinato a un pubblico colto ma non necessariamente di specialisti: l'impostazione rispetta il rigore scientifico e trasmette un tale fascino nel suo insieme da renderlo accessibile a tutti.
Si analizzano 16 capolavori della pittura che hanno segnato una svolta non solo nella rappresentazione figurativa ma anche nella presentazione di temi complessi, talvolta difficili da decifrare a prima vista da parte di un pubblico non abituato a riconoscere i meccanismi della comunicazione e dell’iconologia dei secoli passati. Diverse sono state le riletture di alcuni dipinti dopo analisi riflettografiche e spettrografiche.
La professoressa Fiorio ha individuato alcuni fili conduttori, ad esempio le frequenti citazioni dall'antico, come il tizianesco ritratto di Filippo II ad opera di Sargent o la ripresa di stile leonardesco nel "linguaggio degli affetti" di Raffaello e Caravaggio. Ma l'inedita qualità che ha trovato concordi i relatori è il tributo reso dall'autore all'attività storico artistica della sua insegnante, Annamaria Brizio.
di Luca Sartirana
La mia avventura all’interno di Megliounlibro ha rappresentato un percorso di crescita importante sia dal punto di vista personale che formativo. Ho avuto l’opportunità di stare accanto ad una vera redazione con una linea editoriale definita e molta passione, in un’esperienza che ricorderò sicuramente con grande piacere.
Nonostante fossi in partenza un lettore interessato principalmente ad un unico genere e ad unico tema (lo sport) al momento della lettura, avere l’opportunità di spaziare andando ad analizzare più tipologie e di leggere anche libri per bambini ha certamente ampliato i miei orizzonti, e mi ha aiutato a sviluppare molteplici punti di vista. Anche cimentarmi con un nuovo stile di scrittura, quello della recensione, ha rappresentato per me una sfida interessante che mi ha sicuramente formato e allenato nella scrittura.
Concludere quest’avventura avendo la possibilità di andare al Salone del Libro di Torino è stato l’epilogo perfetto, dopo tanto lavoro da remoto, avere l’opportunità di immergermi in un contesto concreto e condividere la mia esperienza con la redazione mi ha permesso di mettermi in gioco dopo molto tempo nel quale l’esposizione al pubblico era stata inevitabilmente limitata.
Per questo percorso ci tengo a ringraziare la prof. Prinetti, che mi ha aiutato e supportato molto, così come tutti i membri della redazione con i quali ho avuto la possibilità di condividere dei momenti importanti.
di Marco Bertola
“La passione per la lettura è una malattia bellissima, che ci spinge a contagiare tutti coloro che ci stanno intorno”. Con questo paradosso solo apparente Paola Mastrocola, scrittrice e docente, ha subito evidenziato la sua sintonia con il progetto di Megliounlibro nel corso dell’incontro organizzato ieri nell’ambito di Bookcity Milano 2022 per celebrare il 25° della rivista. Introdotta dalla prof. Maria Grazia Fanchi, direttore di Almed dell’Università Cattolica di Milano, la nota autrice si è confrontata con Laura Prinetti, direttore responsabile della testata e a sua volta docente presso la Cattolica, sul tema “La meraviglia della lettura: risvegliare nei giovani la passione per la pagina scritta”.
Fanchi ha sottolineato il prezioso lavoro creativo dello scrittore, in un tempo in cui “si rischia di non leggere abbastanza, impegnati invece a scrivere troppo” (riferimento evidente ai leoni da tastiera dei social), sacrificando quella creatività che ha bisogno dei suoi tempi e di un livello più profondo di condivisione.
“I libri – ha poi detto Mastrocola – aiutano a coltivare il pensiero e stimolano l’immaginazione. Dietro un libro c’è una persona, lo scrittore, con il suo sguardo sulle cose, unico e particolare. Leggere, così, ci mette in contatto con sentimenti e pensieri diversi dai nostri, che non abbiamo mai avuto”. Questo da un lato ci consente di identificarci con i personaggi, dall’altro “ci mette al riparo dall’omologazione, dall’usare le formule che usano tutti”. E qui è ritornato il tema dell’incontro, perché genitori e insegnanti devono essere, fin dalla prima infanzia, “sponsor della lettura”: senza forzature, ma proponendo ai giovani e giovanissimi le vere “perle” della letteratura, le opere più belle e grandi, anche a costo di “fare fatica”. Con calma, magari indugiando sulle parole e sui concetti, per entrare e gustare.
Infine una riflessione sull’oggi: “Mi addolora incontrare ragazzi al liceo privi delle basilari nozioni di ortografia, grammatica e sintassi perché nel loro percorso scolastico si è puntato soprattutto su altro e non sulla trasmissione della lingua, che è il veicolo della cultura. E quindi dover rinunciare, come spesso accade nella scuola odierna, a far leggere loro Pirandello, Dante, Shakespeare: è una vera sofferenza, perché è qualcosa che perdono. Per sempre. E i più danneggiati sono proprio coloro che provengono dalle realtà più deboli e che potrebbero invece avere proprio nella cultura la loro, forse unica, possibilità di riscatto”.
La battaglia per una cultura solida alla ricerca della bellezza continua...
Megliounlibro ha partecipato alla raccolta libri per la Bancarella del Professore. Di che si tratta? Chi è? Un colto signore di Roma a cui un gruppo di balordi ha incendiato la bancarella di libri usati in pieno centro. Così, lo hanno fatto...per gioco...e lui ha perso tutto... Grazie al passaparola su Linkedn si è creata una catena di 104 persone che ha inviato scatoloni di libri e ora il prof ne avrà almeno per un anno. Siamo felicissimi di aver partecipato a questa iniziativa virtuosa: grazie a Fiordirisorse.
di Simone Cesati
È difficile per me raccontare la mia esperienza a Megliounlibro. Non sono mai stato bravo a raccontare il mio vissuto, a esprimere le mie emozioni su un testo, particolarmente quando ero felice di quello che facevo. Ma ci voglio provare…
Nel periodo liceale, in particolare nei primi anni, non sono stato un grande lettore. E infatti il mio rapporto con il libro è stato spesso travagliato: leggevo tanto, certo, ma solo perché mi obbligava la prof. Non so cosa sarebbe successo se non lo avessi fatto…
Se torno indietro con la memoria, posso dire che la mia vita è cambiata a 17 anni, nel momento in cui ho scoperto il mondo del giornalismo. Come avviene per i grandi incontri (da cui poi nascono i grandi amori), anche questo è stato casuale. Ma il colpo di fulmine rimane. E da quel momento la curiosità e la voglia di sapere sempre più hanno preso il sopravvento e ho iniziato a guardare anche i libri con un occhio diverso.
Il lockdown è stato di certo il periodo più produttivo. Leggevo instancabilmente, libri su libri, romanzi su romanzi, saggi su saggi. Dostoevskij, Hemingway, Calvino, Montanelli, Enzo Biagi. Passato quel periodo ho sicuramente infoltito la mia biblioteca personale. Poi, da un giorno all’altro, mi è venuto il ghiribizzo di iniziare a scrivere recensioni sulle mie letture. Ovviamente non tutte: solo quelle che lasciavano un segno, un brivido, uno spunto. Sono stato catturato sin da subito da questo tipo di attività.
Così arrivo al II anno di università, Linguaggi dei Media, e all’incontro con la professoressa Laura Prinetti al Laboratorio di Newsmaking, alla scoperta di Megliounlibro e al desiderio di collaborare con “i cercatori di perle”. Mi entusiasmava l’idea che ci fosse una redazione che faceva quello che facevo io nel mio piccolo e nel mio privato. Non ho alcun dubbio sul fatto di essere riuscito a trovare una testata che si conciliasse perfettamente con le mie passioni: leggere, vagliare e recensire.
Il tirocinio è stato sicuramente un momento di crescita e di maturazione. Oltreché di duro lavoro: raffinare la penna, pensare di scrivere sempre per il lettore, smussare lo stile eccessivamente anchilosato di scrittura. Un lavoro continuo, che mi ha regalato molte soddisfazioni: i primi articoli pubblicati, le prime partecipazioni alle presentazioni di libri, il primo intervento in radio.
Ora sto concludendo il percorso di stage. E vorrei fare un ringraziamento speciale alla professoressa Laura Prinetti, che per me è stata un punto di riferimento e una guida sin da prima che iniziassi a lavorare per la sua redazione. Le sono grato per la premura e la disponibilità con cui mi ha seguito in tutti questi mesi.
di Maria Letizia Bariola
Milano, aprile 2022 - "Ho cercato di scrivere Paradiso": una frase emblematica per esprimere la poetica e l’estro del geniale Ezra Pound, a cui il Centro Culturale di Milano ha dedicato una conferenza in occasione dei 50 anni dalla morte e dell'uscita del libro che Mondadori pubblica proprio con questo titolo. Il racconto è stato avviato dal critico Massimo Bacigalupo e, grazie all’intervento di Alessandro Rivali, autore del testo, l’attenzione si è poi focalizzata sul rapporto amorevole, ma complesso, con la figlia Mary de Rachelwitz.
Mary ha ereditato dal padre ingegno e passione, e ciò è stato trasmesso limpidamente dalla sua testimonianza.
Un viaggio, quello nell’universo di Pound, all’insegna dell’avventura e di un vero e proprio ascetismo letterario che cavalca l’onda di Dante e Cavalcanti: l’impresa che il poeta ha compiuto infatti, in bilico tra la terra natale, l’America, e la patria acquisita, l’Italia, è stata proprio quella di fondere le sue anime in un sistema poetico composito e complesso. Parallelamente nel libro viene esplorato il volto più controverso di Pound, quello di padre, marito, amante, attraverso lo sguardo inedito della figlia che, nonostante la vita errante e travagliata, ha provato profondo amore per la sua figura, e altrettanta stima e riconoscenza per averla “iniziata” all’arte poetica.
Mary Pound è lei stessa infatti una brillante poetessa e, nonostante il non facile confronto con il genitore, è riuscita a ritagliarsi una spiccata identità letteraria, che nella presentazione è stata meritatamente sottolineato.
Sottotitolo: "Ezra Pound nelle parole della figlia: conversazioni con Mary de Rakewitz". Un dialogo, quello con Rivali, iniziato ben 9 anni fa quando andò a conoscerla nel Castello di Brunnenburg, dove lei era andata a vivere dal dopoguerra.
di Simone Cesati
“Questa storia è semplicemente la testimonianza di come un uomo si debba comportare di fronte al potere”. Così dice Giuseppe Zola, e con lui i giornalisti Laura d’Incalci e Rodolfo Casadei , alla presentazione del libro di Guenter Beaugrand, IL VESCOVO CHE DISSE NO A HITLER, (edizioni San Paolo), mentre raccontano come Clemens August von Galen sia stato esempio della difesa della libertà contro l’arbitrio e del diritto alla vita.
Clemens August conte von Galen viene nominato vescovo da Papa Pio XII nel 1933, lo stesso anno in cui Hitler diviene cancelliere del Terzo Reich. Von Galen comprende immediatamente che il regime, fin dallo stato embrionale, ha l’intenzione di imporre una visione ideologica, nazionalistica e razzista, in palese inconciliabilità con la dottrina sociale della Chiesa. Tanto che inizia subito una campagna di denuncia contro i soprusi.
Spesso il vescovo (poi cardinale dal 1946) ha trovato il sostegno dei cittadini. Due momenti esemplificativi sono ad Heidelberg, sia contro la propaganda nazista sulla rimozione delle croci sia contro la chiusura delle scuole dell’obbligo confessionali. Lì, trovando il consenso del popolo, a suon di manifestazioni ha vinto le due battaglie.
Anche in altre circostanze ancora più gravi ha preso posizione netta contro il regime, in nome di quel credo che in certe occasioni diventa anche giustizia. Dall’arresto di persone incensurate senza sentenza di tribunale o senza difesa, alla soppressione dei malati di mente tra i cittadini che il Reich riteneva improduttivi; dall’eutanasia di disabili e malati, fino alla chiusura di tutte le aggregazioni giovanili – per le quali nel ’39 ha spedito una missiva direttamente al Fuhrer - e alla violenza della Gestapo. Tutte battaglie per cui si è speso, anche da solo.
Proprio sul concetto di resistenza e resilienza, anche dei giovani, queste sue parole metaforiche rendono l’idea: “Rimanere solidi, in questo momento non siamo il martello, ma l’incudine. Chiedete al fabbro e fatevelo dire da lui che ciò che viene forgiato riceve la sua forma non solo dal martello, ma anche dall’incudine, che non può e né ha bisogno di ribattere. Deve solo essere solido e duro. Se lo è l’incudine resiste molto più del martello. Per quanto questo possa colpire con violenza, l’incudine se ne sta lì nella sua pacata compattezza, e servirà ancora a lungo per dare forma a quel che sarà forgiato di nuovo”.
di Simone Cesati
Isola Vicentina, ottobre 2021 - Esce proprio in questi giorni “Il mercato delle verità” (edizioni Il Mulino) di Antonio Nicita, ordinario di Politica Economica alla Lumsa di Roma, già commissario dell’AgiCom, Autorità delle Garanzie nelle Comunicazioni, ora consulente per il controllo normativo della Commissione Europea.
Il saggio, presentato all'interno della manifestazione Profumo di carta, tocca in maniera trasversale temi e aspetti di cui sentiamo continuamente parlare: dall’informazione alle fake news, dal digitale al reale, dalla politica all’economia, dalla storia all’attualità.
Se si mette sotto la lente di ingrandimento la società di oggi, che rapporto intercorre tra i concetti di democrazia, libera espressione e verità? Facendo un breve excursus storico, fin dai tempi di Socrate si ritiene che, attraverso il libero confronto, la società possa progredire e si possa affermare la verità. Questo concetto viene rappresentato bene dall’immagine del “mercato delle idee”: uno svincolato scambio di opinioni in cui ognuno, senza pregiudizi, riesce a negoziare e trovare una sintesi.
E dopo i vari passaggi, con l’avvento del digitale tutto cambia. “La promessa del web di una società decentralizzata in cui la massima libertà di informazione avrebbe generato il massimo pluralismo e il massimo confronto (quindi una libertà piena in cui il mercato delle idee selezionava la conoscenza) viene disillusa e si precipita in quello che chiamo mercato delle verità”, spiega Nicita.
Così l’opinione - che per definizione manca di un criterio di certezza - viene confusa con la verità. In questo modo, il concetto di priema, di libero confronto e di negoziazione, cade e apre la strada a un mondo di persone che si trincerano dietro "le proprie verità”. Non si tratta più di difendere un’idea, ma di sostenere la propria visione univoca del mondo (perché nel momento in cui questa cade, si perde ogni certezza).
Non a caso con il web deflagra il problema delle fake news e della disinformazione. Non si sta parlando soltanto di semplici notizie false, bensì di “strategie ben congegnate con fonti ben identificate che si basano sulla profilazione algoritmica dei dati di ciascuno di noi. Quindi un processo di micro-targeting politico che individua esattamente la tipologia di persona interessata a ricevere questa notizia e gliela rende credibile”.
Demostene diceva che “ognuno di noi è portato a pensare che ciò che desidera è anche vero”. Entrando in questa logica (innescata dal web), nella quale nessuno vuole fare un passo verso l’interlocutore (visto ormai come “nemico”), la discussione porta gli utenti ad arroccarsi nelle proprie idee. E la democrazia dove finisce?
In questo scenario la rete trova terreno fertile per infiammare il dibattito e polarizzare le idee dei propri utenti, con una comunicazione fatta di immagini o slogan sensazionalistici volti a suscitare emozioni forti.
“Chi fabbrica disinformazione non suscita un dubbio, dà solo certezze e mostra le prove”. E così diventa difficile trovare un’alternativa al “mercato delle verità”, se le persone restano poco disponibili al dialogo. Forse investire maggiormente sull’educazione digitale e imporre qualche regola in più, in un pianeta lasciato all’anarchia, non farebbe male…
di Maria Letizia Bariola
In occasione dei 30 anni dallo scoppio della guerra in Bosnia, i giornalisti Marzio Mian e Francesco Battistini raccontano la loro esperienza a Sarajevo, e la nascita del recente libro-inchiesta Maledetta Sarajevo (Neri Pozza, 2022), incalzati dalle domande della collega Marina Lalovic, originaria di Belgrado e dunque personalmente coinvolta nelle vicende. Raccontano l’orrore della guerra, da loro definita “il Vietnam d’Europa”, che ha contato ben 250.000 vittime e milioni di rifugiati: tutto mentre nell’Europa occidentale si respirava una tranquillizzante illusione di pace.
“Abbiamo voluto scrivere gli sguardi che abbiamo incontrato, e dare corpo alle voci della guerra, comprese quelle dei criminali”. Il romanzo-inchiesta, dice Battistini, cerca, pur subendo il peso della responsabilità che un’operazione di questo tipo comporta, di riportare fatti taciuti, non percepiti, con cruda schiettezza. “Ricordare i morti è l’unica chiave narrativa per sperare di riportare giustizia, riconciliazione”.
Viene quindi ricordata l’importanza del giornalismo d’inchiesta (a partire dal crollo del muro di Berlino), e il ruolo che ha avuto nel tentativo di ritrovare una giustizia laddove l’intelligence non è stata pienamente in grado di garantirla. Ma quanto manca al suo raggiungimento? Ancora molto. E quanto hanno contribuito gli altri paesi? Forse non abbastanza. Con Maledetta Sarajevo. Viaggio nella guerra dei 30 anni, Battistini e Mian cercano quindi, attraverso il potere della parola, di percorrere questa strada.
di Simone Cesati
“Dostoevskij ti prende perché il suo messaggio è un pugno nello stomaco che non ti fa dormire”. Con queste parole Armando Torno apre la presentazione del suo nuovo libro Fedor Dostoevskij. Nostro fratello (Edizioni Ares), un saggio che ci fa vivere un piccolo cammino nel mondo dell’autore russo, dove emergono le questioni esistenziali più travagliate che ancora oggi suscitano dibattito.
D’altronde uno scrittore come lui non si può risolvere in poco tempo. Infatti nel libro troviamo tutti i pensieri che Dostoevskij “ha smosso” in Armando Torno: “Leggendolo ci si accorge che non scrive per accattivarsi il lettore; piuttosto cerca di scuoterlo, interrogarlo, portandolo dinanzi a situazioni difficili, cruciali. Per questo assomiglia a un fratello maggiore che desidera educarci e ricorda in ogni occasione quanto sia difficile capire le vita e le cose”. Da qui la scelta del titolo.
Ogni volta che ci rivolgiamo a Dostoevskij dobbiamo tener presente il tormentato rapporto con Dio. Una fede travagliata, al limite dell’imprecazione, carica di domande irrisolte che vanno dal senso della sua esistenza, al concetto di bellezza e di male. Lui lo sa: se ci accontentassimo della comoda idea di Dio come Creatore e misericordia saremmo intellettualmente finiti; il senso della “sua” religione risiede anche e soprattutto nella ricerca, nel dubbio, nel rischio, nell’indignazione. Certo, parrebbe quasi un gioco (come quello d’azzardo che lo ha sempre affascinato) portato all’estremo, che supera il confronto diventando quasi una sfida. Ed è proprio da qui che si deve partire per capire Dostoevskij perché, dice Torno, “le azioni umane senza Dio perderebbero di significato”.
Con lo stesso spirito il narratore russo scriveva sui suoi taccuini: “Se dovessi scegliere tra Cristo e la verità, sceglierei Cristo, perché la verità senza Cristo non ha senso”. E su questa profonda convinzione basa le tesi nei romanzi. Dal pensiero di bellezza introdotto ne L’Idiota a quello di male ne I Demoni, dallo sdoppiamento dell’essere ne Il Sosia all’assunzione di colpa collettiva ne I fratelli Karamazov.
Pensieri e temi che vengono a fondo sviscerati nelle più varie sfaccettature grazie all’impegnativa e bella analisi di Armando Torno
Megliounlibro, con il nostro direttore responsabile, ha partecipato in questi giorni al panel organizzato da Leitframe, Dante e la cultura, pensieri per il dopo pandemia, organizzato con l'alto patrocinio del Parlamento Europeo e della Società Dante Alighieri. Si può seguire in differita l'intero dibattito sul canale Youtube di eventi Leitframe.
Per quanto riguarda la nostra pubblicazione, che riporta solo le perle, come sapete, visto e considerato che di testi di commento alla Commedia o alla biografia di Dante ne sono stati pubblicati un'infinità, abbiamo dedicato tempo e competenze a scovare solo le perle. E in ognuno dei numeri del 2021 ne abbiamo segnalati soltanto uno per volta. Speriamo apprezziate questa scelta editoriale. e abbiate desiderio di andare a cercare quali sono...
di Simone Cesati
Milano, ottobre 2021 - “Che cos’è l’Afghanistan? E perché siamo qui oggi a parlarne?”, chiede Filippo Taddia intervistando l’autore. E Breccia: “L’Afghanistan è un mistero per noi occidentali, ne dovremmo parlare a lungo”. Dietro questo “mistero” si cela una lunghissima storia di conflitti, guerriglie e colpi di Stato, che Gastone Breccia - docente presso l’Università di Pavia, esperto di Storia militare bizantina e occidentale - ripercorre alla presentazione del suo libro Missione Fallita. La sconfitta dell’Occidente in Afghanistan (edizioni Il Mulino).
Nel chiedersi come sia possibile che “molta gente si sia dimenticata dell’Afghanistan”, prende atto che “l’Occidente intero se ne sia voluto dimenticare; ma lì c’erano ancora militari, missioni …”.
Una guerra dopo l’altra, per più di 50 anni, dal colpo di Stato dei sovietici a Kabul nell’aprile ‘78, poi il conflitto interno tra mujaheddin e talebani fino al ’94, via via con l’occupazione americana dopo l’11 settembre. E l’oggi.
“Leggere Gastone Breccia è come vedere un film di guerra”, commenta un giovane sui social. Perché con le sue parole si entra nel vivo del conflitto interstiziale che ha prosciugato le forze della popolazione afgana.
E pensare che i talebani, nel lontano ’92, erano stati accolti dai civili come l’unico “elemento d’ordine”. Gli abitanti volevano solo la pace ed “essere costretti a farsi crescere la barba, a rinunciare alla musica e alle videocassette occidentali, a limitare la presenza delle donne nella società e nell’educazione. Sembrava a molti un prezzo ragionevole da pagare in cambio della possibilità di viaggiare, lavorare, commerciare senza essere esposti alla violenza e ai taglieggiamenti dei warriors e dei loro miliziani”.
Con rammarico Gastone Breccia chiude l’incontro con una considerazione: “Ciò che mi preoccupa davvero è la poca capacità di affrontare questioni di grossa portata internazionale e grandi conflitti. Ci sono sempre più motivi di ostilità e mi angoscia il modo in cui si cerca di risolverli”.
In questi giorni le diplomazie di Stati Uniti e Afghanistan hanno iniziato un confronto in Qatar. Entrambe mirano a una pace duratura, sembra. Gli Usa stanno chiedendo moderazione verso quella parte di popolazione che non condivide l'impostazione dei talebani. Chissà che sia l’inizio di un nuovo modo di fare “politica” - nel vero senso etimologico, ossia “arte di governo” –, con obiettivi di lungo termine e cercando di evitare conflitti. Perché finora, come spiega Breccia, così non è stato, “non si è riusciti proprio a guardare oltre il proprio angolo e cercare soluzioni che evitino nuove ostilità”.
Nella trasmissione Prendiunlibro, in diretta su Radio Mater, il 7 settembre alle 18.50 Laura Prinetti ha intervistato lo scrittore afghano Gholam Najafi, di cui Megliounlibro aveva a suo tempo segnalato i primi due libri testimonianza, Il mio Afghanistan e Il tappeto afghano.
E' appena uscito il nuovo, Tra due famiglie. Tutti editi dalla casa editrice La meridiana.
La sua vicenda personale è anche vicenda di un popolo e di un'epoca intera. Non possiamo non sapere, non entrare, non metterci nei suoi panni. Altrimenti non capiremo mai...
L'estratto dell'intervista su Megliounlibro 95, e presto sarà accessibile l'integrale.
TORNANO DI GRANDE ATTUALITA' QUESTI TESTI CHE ABBIAMO SEGNALATO CIRCA UN ANNO FA...
Lo scrittore Alì Ehsani: affrontare la quarantena dopo la fuga dalla guerra
di Marco Fort
Milano, maggio 2020. “Affrontare la quarantena è come bere un bicchiere d’acqua”, così esordisce nel presentarsi Alì Ehsani, giovane afghano, oggi scrittore, dottore in Legge e aspirante docente. Può apparire forzata una frase del genere, nel periodo d’emergenza che stiamo vivendo, ma appena racconta si comprende che ha ragione. Una vita tribolatissima la sua: a 8 anni abbandona una Kabul devastata dalla guerra per tentare la fortuna altrove, lasciandosi alle spalle solo devastazione. Scappa con il fratello, l’unico della famiglia che gli è rimasto, ma poi non lo vedrà più... (muore tentando la traversata Turchia- Lesbo). Attraverso il Pakistan, l’Iran, la Turchia e infine la Grecia, Alì compie un viaggio che definire epico è poco: 5 anni prima di arrivare nel nostro Paese.
Dorme nelle stalle, senza acqua né cibo, solo con la speranza di fuggire. La guerra gli entra talmente nella pelle da fargli credere che tutto sia solo sofferenza e violenza. Però riesce a vedere anche la solidarietà e la compassione: “C’è sempre qualcuno che ha cura di te, che ti mostra affetto”. Prima in Turchia, poi in Italia, infatti, avrà modo di incontrare docenti, sacerdoti, amici, anche semplici sconosciuti, e vedere che si offrono in aiuto alle persone in difficoltà.
Giunto in Italia, prima a Venezia e poi a Roma, non lo attendeva certo la realizzazione immediata dei suoi sogni: “Quando capiterà anche a me di avere una vita normale?”, si domandava i primi giorni, alla stazione di Roma Ostiense, dormendo fuori, su materassi improvvisati. Fortunatamente Alì non demorde. In un Centro di Accoglienza lo aiutano ad andare avanti, a impegnarsi, e riscopre la fede, dimenticata a causa della guerra ma sempre presente nella sua intimità, fin da quando, racconta, durante la traversata verso Lesbo su un barcone di fortuna, ebbe un’apparizione di Gesù, proprio nel momento più complesso, in bilico tra l’affogare e la salvezza, e miracolosamente fu tratto in salvo sulla spiaggia dell’isola.
Questa storia vera ha un lieto fine: Alì ha trovato la sua strada e oggi vive a Roma; ha già scritto due libri per Feltrinelli, Stanotte guardiamo le stelle e I ragazzi hanno grandi sogni. Nell'incontro a cui abbiamo partecipato ha confidato che sogna di diventare un insegnante e non dimentica chi, come lui, arriva da una situazione di precarietà, bisognoso di un aiuto per realizzarsi come persona.
"Lettura e Media education come antidoto al cyberbullismo", è il titolo dell'intervento tenuto da Laura Prinetti il 14 giugno nell'ambito del corso di Formazione per giornalisti organizzato dall'Ordine dei Giornalisti e Fondazione Giornalisti dell'Emilia Romagna e dall'Inner Wheel Valsamoggia.
Il titolo dell'intero corso: "Cyberbullismo e deontologia dell'informazione nell'attuale situazione sanitaria. Come favorire il benessere e l'integrazione sociale". Abbiamo parlato anche di Megliounlibro, dei nostri seminari e del PCTO per liceali. Molto gradita l'idea di far leggere e scrivere recensioni ai giovani, che è bello rendere protagonisti del loro percorso educativo.
di Massimiliano Patassini
Non sono un lettore di molti libri. O forse lo sono stato e vorrei tornare a esserlo. Nella mia vita, mi sono preso una pausa, tra i 15 e i 25 anni: ero arrivato al punto di non essere nemmeno più capace di leggere davvero, di entrare nel testo che avevo davanti… Forse perché, studiando Matematica in quel periodo, mi ero abituato a guardare alla forma più che alla sostanza, allo schema piuttosto che alla storia, al punto che mi capitava di percorrere una pagina a salti, leggendo una parola ogni tre righe... Poi ho ricominciato, ma senza un motivo particolare, prendendo un po’ a caso quel che capitava: per carità, molti libri buoni, ma anche della spazzatura. Ecco: una delle cose più belle che mi porto a casa dell’esperienza a Megliounlibro è aver conosciuto persone che sono appassionate della lettura, ma soprattutto della buona lettura, alla ricerca di perle. Mi ha fatto bene stare con loro, perché ha affinato la sensibilità e il senso critico rispetto a quanto leggiamo.
Gli incontri di redazione sono stati tra i momenti che più mi hanno coinvolto: occasioni di scambio sui libri letti, di condivisione sulle presentazioni o i convegni a cui abbiamo partecipato, ma anche fucina di idee per promuovere le iniziative legate alla rivista. Un tempo di creatività, vissuto in collaborazione e nell’ascolto reciproco. Un rammarico è sicuramente quello di non aver potuto vivere questo tempo in presenza, riuniti nello stesso luogo… da un certo punto di vista è stato più facile trovarci, ma è un po’ mancata la condivisione di uno stesso spazio.
Nelle presentazioni di libri o nei convegni a cui ho assistito, sempre da remoto, ho potuto apprezzare la qualità della proposta culturale presente, con idee volte a stimolare a lettura come attività che apre nuovi orizzonti di interpretazione del mondo e permette di viaggiare anche stando in poltrona: ad esempio “Crescere con la lettura”, organizzato nell’ambito della Domenica di Carta. Insieme a questo, sono stati preziosi gli incontri di formazione sugli albi illustrati con Ayleen Pineda: c’è bisogno di qualcuno che ti insegni, che ti mostri come guardare a quello che stai vedendo!
Singolare è stata la partecipazione alla trasmissione “Prendi un libro” su Radio Mater, in cui ho raccontato di alcuni libri letti in questo periodo: una bella possibilità di confrontarsi con un mezzo al quale non sono molto abituato, ma che ancora ha il suo posto nel panorama mediatico.
A conclusione di questo tempo, mi sento davvero grato per l’esperienza vissuta, e in particolare voglio esprimere un sentito ringraziamento a Laura Prinetti che, con premura e cura, mi ha accompagnato nel percorso.
Lunedì 21 dicembre Megliounlibro è stato ospite di Leitframe, una realtà che si propone di individuare novità costruttive per il Paese. L'arte - qui musica e letteratura- è una risorsa determinante in questo momento storico. Chi desidera rivedere l'incontro lo trova sul canale You Tube di Megliounlibro. Evento sotto l'Alto patrocinio del Parlamento Europeo.
Questo OpenFrame ha affrontato il tema della Cultura e del Digitale attraverso la musica e i libri. Come noto, la pandemia non è stata - e non è tuttora - solo emergenza temporale, ha costituito piuttosto un cambio di abitudini di vita della gente, un reinventarsi una vita e una storia, fare fronte comune a qualcosa di invisibile e contagioso. Oggi più che mai è necessario inventare un nuovo modo di vivere (e sopravvivere), senza perdere il buono e i sistemi del passato che vanno piuttosto migliorati e supportati. In un siffatto contesto, facendo leva sulle tecnologie che hanno inondato le nostre vite, ancor prima della pandemia, musica e libri, arte musicale e lettura possono servirsi del digitale e il digitale può servirsi della buona musica e della buona lettura. Si può concepire un doppio binario per rendere più fruibile la cultura in senso lato oppure dobbiamo aspettare di ritornare in presenza per ammirare le note di uno strumento musicale o per poter ascoltare un brano di lettura tra le pagine di carta che profumano di vissuto? E se invece il digitale “forzoso” di questo tempo pandemico ci facesse conoscere un’altra dimensione dei suoni e della musica, diffondendo in modo capillare la buona cultura fatta di passione, esercizio e attesa? Due modalità che concepiamo come un doppio binario possono far coesistere il passato e il presente, il reale e il digitale. Ciò che conta è che si continui ad inventare musica e libri per diffondere magiche atmosfere di cultura. Sono stati ospiti la musicista Anna Serova e Laura Prinetti (giornalista, docente e direttore responsabile di Megliounlibro), in dialogo con le Cornici di Leitframe, l’Avv. Carlo Dattilo, l’Avv. Angela Lupo, la Dott. Georgia Pizzi e il Rag. Donato Vicchiariello. Memorabile l'esibizione della musicista Anna Serova e preziosa la lettura di qualche recesnione tratta da Megliounlibro. Un grazie speciale all'avv. Angela Lupo.
di Massimiliano Patassini
Roma, ottobre 2020- “La lettura aiuta a parlar chiaro e scrivere chiaro: questa è la prima fase dell’onestà di una società” e permette di migliorare le condizioni di vita e il futuro che stiamo costruendo. Questo il fulcro della “Domenica di Carta” intitolata “Pandemie e vecchi rimedi” e promossa dal MIBACT, Ministero per i beni e le Attività Culturali e per il Turismo, per valorizzare il patrimonio librario custodito nelle biblioteche e negli archivi dello Stato. In quest’ambito, presso la sede del CEPELL, Centro per il libro e la lettura, si è svolto il dibattito “Crescere con la lettura. Benessere, terapia e sviluppo della persona attraverso i libri”. Moderato da Angelo Pietro Cappello, direttore del CEPELL, ha visto la partecipazione del presidente Diego Marani (sua la citazione introduttiva) e di Federico Batini, professore di Pedagogia Sperimentale, Metodologia della Ricerca e Metodi e tecniche della valutazione scolastica presso l’Università di Perugia, di Gemma Gemmiti, fondatrice di Gemma Edizioni, e di Floriana Costanzo, psicologa presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
Il “vecchio rimedio” proposto qui è la lettura ad alta voce, di cui si sono evidenziati gli effetti benefici. Come ha sottolineato la dott. Costanzo, il nostro cervello non ha una regione specifica correlata alla lettura, bensì si serve delle zone legate al linguaggio e all’attenzione per elaborarla. La pratica della lettura produce non solo uno sviluppo dell’abilità di comprensione del testo, ma anche un’attivazione cognitiva, ossia un incremento di quelle funzioni cerebrali che permettono il trattamento delle percezioni di stimoli esterni.
Rilevante l’intervento del prof. Batini. Una serie di ricerche, da lui condotte su soggetti tra 0 - 18 anni, hanno mostrato un aumento del 15% delle capacità cognitive in persone esposte alla pratica quotidiana della lettura ad alta voce, in riferimento alla comprensione e produzione di testi, ed anche per quanto riguarda abilità di numeracy e problem solving. Per questo ha sviluppato il progetto “Leggere forte” in collaborazione con la Regione Toscana: un accompagnamento graduale nella pratica della lettura, con l’obiettivo di arrivare a leggere ad alta voce per un’ora al giorno. La proposta coinvolge le scuole, dall’infanzia alle secondarie, e richiede un cambiamento di paradigma soprattutto nei docenti: spesso si ritiene che la lettura sia legata esclusivamente all’ambito letterario, ma invece i suoi effetti benefici sono trasversali alle aree disciplinari, giovando anzitutto allo stesso insegnante: “È come se mi pagassero per fare ginnastica: è un’attività che dà beneficio immediato al mio cervello”. E ha continuato: “Non possiamo rivolgerci agli studenti dicendo quanto è importante la lettura se non gliene facciamo fare esperienza”.
Tuttavia è necessario che sia graduale: non si può correre la maratona senza prima imparare a camminare. L’esposizione alla lettura può trovare la resistenza dei ragazzi, specie nell’adolescenza; questo non deve scoraggiare, perché, ad un certo punto, “arriva la storia che sembra scritta per te, che mette in parola le tue emozioni, fa scattare un insight rispetto a quello che stai vivendo”. In tal senso è decisiva una scelta bibliografica accurata, che proponga testi di valore (come le perle che scoviamo a Megliounlibro…).
La dott. Gemmiti ha raccontato del progetto “Leggi 33”: alcuni libri della sua editrice, donati agli ospedali, sono stati letti dai clown per i malati; un’altra iniziativa, sviluppata dalla dott. Costanzo, è il percorso di “lettura dialogica”, in cui i testi vengono letti dal genitore al bambino fino a 6 anni, con coinvolgimento emotivo e intellettivo.
di Massimiliano Patassini
Torino, ottobre 2020 - Nell'ambito del "Festival culturale Torino Spiritualità", di particolare interesse è stata l’intervista ad Alberto Manguel, scrittore, saggista, traduttore e docente argentino, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, MOSTRI FAVOLOSI. Dracula, Alice, Superman e altri amici letterari, edito da Vita e Pensiero. La conversazione tra lui e Armando Bonaiuto, curatore della manifestazione, su Facebook, il 25 settembre, parte dal titolo scelto per il festival: “respiro”. Questa parola è molto evocativa nella letteratura e lo scrittore argentino non perde l’occasione di recuperarne un aspetto originario: le parole prendono vita solo quando vengono pronunciate, è il respiro che dà vita alla parola, la quale si trova al principio anche nei più noti testi rivelati (Bibbia e Corano).
Nei testi letterari, e in modo eloquente in Mostri favolosi, l'elemento centrale sono senza dubbio i personaggi: spesso si dice che la scrittura li rende immortali, tuttavia, puntualizza Manguel, è in realtà la lettura che li fa essere tali. Infatti, mentre leggo do vita, quasi divento io stesso quella figura che si presenta alla mia immaginazione. Questo ci potrebbe portare a considerare i libri come una fuga dall’esistenza, ma non è così: “La lettura ti mette davanti al mondo – afferma –. Quello che la letteratura aggiunge alla vita è la possibilità di nominarla, di dire cos’è la vita”. Non è un tentativo di scappare, ma un’occasione per dare un nome e un’interpretazione alle esperienze che viviamo – come l’amicizia, il viaggio, perfino la morte – anche se non le abbiamo ancora vissute. Un esempio paradigmatico è Cappuccetto Rosso, “simbolo della disobbedienza civile”: se fosse stata una ragazzina obbediente, non ci sarebbe stata storia. Invece, la curiosità la mette alla ricerca della sua propria esperienza: questo ci insegna a fare altrettanto, per tentare di rispondere alla terribile domanda del Bruco di Alice nel Paese delle Meraviglie: “E tu chi sei?”.
Di fronte a un così grande tesoro, come è possibile trasmettere l'amore per la lettura? Non è qualcosa che si impara o si impone, ma piuttosto si contagia: ci lasciamo appassionare seguendo qualcuno che ne è già innamorato.
Stage nella redazione di megliounlibro
di Federica Pirola
Sin da matricola ho coltivato il sogno di diventare giornalista e lavorare un giorno con la parola. Come un piccolo Renzo, dalla Bergamasca sono partita alla volta di Milano per il corso di laurea in Linguaggi dei Media all’Università Cattolica: un tuffo consapevole nel buio. Ho mosso così il primo timido passo verso un percorso fatto di scelte, per costruire il mio futuro.
Un anno dopo ero nell’aula del Laboratorio di Newsmaking, scrivere le notizie. Il titolo era accattivante, il programma denso di informazioni. L’ho scelto e ho incontrato così quella che poi sarebbe stata la mia mentore, Laura Prinetti, ma non potevo ancora saperlo. Mi ha insegnato a essere sintetica, ad “asciugare” la notizia, ad allenarmi in una palestra di scrittura.
Ed ecco, il terzo anno, un’altra decisione da prendere: lo stage curricolare, un piccolo buco della serratura da cui osservare il mondo del lavoro. Desideravo trovare qualcosa di formativo per la mia professione e per la mia persona. Così mi è tornata alla memoria quella prof che mi ha insegnato l’arte della sintesi. La mia scelta è stata quella di collaborare con Megliounlibro, testata di orientamento bibliografico, diretta da lei.
Grazie a questo tirocinio, ho riscoperto il piacere di una “buona lettura” e della silenziosa compagnia che può fare un autore. Un romanzo dopo l’altro, scrivevo recensioni per diversi target, raffinando sempre di più lo sguardo verso il mondo dell’editoria. Alcuni titoli mi hanno fatto emozionare, come Chika. La bambina che ha cambiato per sempre il mio cuore di Mitch Albom. Altri sono stati una sfida, perché erano scritti con il linguaggio dei bimbi, ovvero soprattutto con le immagini, e dunque ho dovuto tradurli per capirne la ricchezza. Sono diventata una ricercatrice di perle, cioè di quei titoli per cui vale davvero la pena investire tempo e denaro, beni preziosi. Ho potuto toccare con mano l’atmosfera che si respira alle presentazioni dei libri. Alcune si sono svolte in salotti letterari, ambienti affascinanti che mi ricordavano l’Ottocento, altre fra gioielli di moda e vestiti. Rimanevo sempre estasiata dalla bellezza trasmessa dalle parole, dalla creatività di editori e autori, dagli infiniti modi in cui si può presentare un titolo e renderlo piacevole al lettore ancor prima di averlo avvicinato. Rimanevo affascinata dall’eleganza e dal decoro di determinate “location” che ho sperimentato dal vivo. Grazie a questo stage, ho potuto apprezzare e parlare diversi linguaggi che prima avevo solo studiato sui libri. Sono stata intervistata in una trasmissione di Radio Mater: un’occasione per consigliare i romanzi a me più cari. Poi, davanti a una telecamera, a parlare dei viaggi che si possono fare con un libro in mano, anche e soprattutto in questi mesi in cui siamo costretti a casa.
Proprio così, il tirocinio è stato per me un’occasione di crescita e di scoperta. Mi sento profondamente grata per quello che ho imparato in questi mesi e fiduciosa di quello che sarà il mio futuro. Grazie a tutta la redazione – anche l’incontro con l’architetto Ayleen Pineda è stato importante per cogliere le diverse sfaccettature della letteratura per l’infanzia – e ai collaboratori di Megliounlibro per avermi offerto un altro tassello della mia formazione.
di Marco Fort
Milano, 30 nov - “Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: 'Non c'è altro da vedere', sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro”.
Così scrive il premio Nobel, José Saramago, e nessun passo può meglio adattarsi alla persona di Domenico Quirico, inviato per la sezione esteri del quotidiano la Stampa. Il viaggio è una costante nella vita di Quirico, tanto da segnarne parti importanti, come quando nel 2013 è stato rapito, in Siria, dai fondamentalisti islamici, rimanendo ostaggio per 5 lunghi mesi.
Megliounlibro ha avuto l’opportunità, il 13 novembre, di partecipare all’incontro organizzato da Villa Vigoni presso l’Ufficio del Parlamento Europeo a Milano, “Domenico Quirico, l'ultimo europeo?”, ospite il giornalista di Asti, dove è stato proiettato in esclusiva il documentario di Paolo Gonella, “Viaggio senza ritorno”.
Il filmato racconta, attraverso interviste, l’esperienza di Quirico prigioniero, analizzando i sentimenti contrastanti vissuti in quell’esperienza e toccando anche altre vicende della sua carriera di inviato di guerra.
Quirico ha affermato più volte che i suoi aguzzini erano “come una specie umana aliena”, ovvero per noi indecifrabile. E andado a fondo ha osservato, in questo “conflitto culturale” sperimentato durante il suo rapimento, l'assenza del Diritto, la legge, il rispetto dell’altro, tipicamente “nostro”, con radici europee. Nelle zone di guerra non esiste il Diritto: è tutto arbitrario, anarchico, legato alle scelte del singolo o del mercenario armato.
Al termine del video, nel dibattito con esponenti di associazioni sociopolitiche giovanili che operano in ambito europeo (Civetta, Unesco Giovani, Culturit, European Generation), alle domande sull’Europa, Quirico dà una risposta “speciale”. Se si parte dal presupposto che l’Occidente, mondo del Diritto, sia rappresentato oggi dagli Usa, e purtroppo l’Ue sembra aver perso centralità, allora le prossime Europee 2019 potrebbero dare una svolta.
Quirico ha riflettuto sul fatto che se oggi spesso il “valore” riconoscibile a livello macro è la brutalità, allora la chiave per uscire da un ruolo subalterno, per l’Unione Europea, è saper opporre alla brutalità il Diritto. Se la politica riuscirà a cambiare l’immagine dell’Europa, puntando sulla legalità, allora essa potrà superare la crisi e tornare ad essere soggetto protagonista a livello internazionale.
Quirico è sicuro: deve passare un’immagine dell’Europa come terra del diritto, in opposizione alla brutalità di altre aree. E in questo anche il giornalismo avrà una responsabilità.
di Laura Prinetti
«Vorrei che altre ragazze nigeriane potessero conoscere la mia storia - dice Blessing Okoedion - per vincere la paura e spezzare le catene invisibili di questa schiavitù. Dobbiamo unire le nostre voci per dire “basta” alla tratta di esseri umani».
«È capitato anche a me di essere una di quelle donne - ha raccontato a Washington -. Sono arrivata in Europa nel 2013 con un visto di lavoro di due anni. Ma era tutto un inganno. Quando sono giunta in Italia ho scoperto che l’impiego che mi era stato prospettato non esisteva. I miei sfruttatori mi hanno detto che ero in debito con loro di 65mila euro e che avrei dovuto ripagarli attraverso la prostituzione. In quel momento ho capito di essere caduta nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Grazie a Casa Rut di Caserta sono riuscita a rimettermi in piedi, a riconquistare la mia dignità e lottare per la libertà di altre donne e bambini africani, dicendo instancabilmente “no” alla tratta».
Blessing viene premiata dal Dipartimento di Stato a Washington. E il suo libro ora c'è anche in inglese.
Il coraggio della libertà (con Anna Pozzi, Paoline, 2017), ora tradotto anche in inglese: The Courage of Freedom, 2018.
di Maria Rebecca Rossi
“Non imparerai mai tanto come quando prendi il mondo nelle tue mani”. E’ una citazione che ho molto a cuore, dello scrittore John Updike, due volte premio Pulitzer per la narrativa, e penso che non abbia bisogno di ulteriori spiegazioni. Grazie all’esperienza nella redazione di megliounlibro ho avuto la possibilità di toccare con mano quello che ho imparato tramite la teoria e lo studio. Oltre ad aver sperimentato che cosa sia la responsabilità, ho avuto la fortuna di poter entrare in contatto con un mondo che mi era ancora sconosciuto, quello dell’editoria libraria, e ho letto testi, ascoltato autori, scrittori, professionisti del settore, partecipato a convegni, fiere e presentazioni: tutti elementi che adesso, alla fine di questo percorso, mi fanno sentire di possedere delle capacità che mi resta solo da affinare con il tempo.
La professoressa Prinetti è stata un’ottima guida perché ha dato il primo colpo di scalpello a un pezzo di marmo ancora informe spingendomi a fare tante cose, persino a mettere da parte la timidezza per parlare in diretta in radio, mentre la dottoressa Pineda mi ha mostrato, spronandomi, alcuni errori, per fare in modo che migliorassi il mio lavoro gradualmente, aiutandomi a bilanciare la mia personalità con la tecnica di scrittura adatta. Ora mi sento molto più sicura di me e con un bagaglio di conoscenze accresciuto, tale da farmi approcciare al futuro diversamente.
Artico è stato il libro che mi ha colpita di più durante tutto lo stage perché non ha bisogno di parole per raccontare la sua storia, in quanto le foto di Vincent Munier invitano alla riflessione e ad aprire gli occhi su come il mondo stia cambiando o, forse, regredendo. È stato il mio preferito anche perché, fin da piccola, ho sempre avuto la passione per la fotografia e la natura. L’evento, invece, più emozionante a cui ho partecipato è stato Tempo di Libri, perché, come ho detto prima, ho avuto la possibilità di osservare da vicino come si muove l’industria libraria, della quale ho cercato di comprendere le dinamiche che convogliano tutte nel prodotto così semplice eppure così ricco e complesso che tutti chiamiamo libro.
Mi preme evidenziare la cura per il lettore e la ricerca meticolosa di contenuti validi da veicolare da parte di tutti i membri della redazione: non è semplice in un periodo storico in cui, come sosteneva anche Eco, “si dà la parola (purtroppo) a tutti”, cercare nel mare magnum delle opere che abbiamo a disposizione quelle che possano lasciare qualcosa, che permettano di porsi interrogativi nuovi, che ci facciano guardare dentro, per poi prenderle con le pinze e riporle nelle mani di chi si affida a noi. E io nelle mie mani ho preso, come ho scritto sopra, tanti mondi quanti i libri che ho letto, cosa che ha contribuito a considerare l’esperienza in redazione un elemento essenziale non soltanto per la mia carriera universitaria, ma anche e soprattutto per la mia persona.
di Giulia Sciartilli
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro”. Con queste parole Umberto Eco descriveva l’immensa forza della lettura. Ognuno di noi mentre sfoglia le pagine di un libro può essere non solo chiunque desideri, ma anche ovunque voglia. Incontriamo personaggi in cui ci immedesimiamo, posti inesplorati di cui nemmeno sapevamo l’esistenza. Così, spiegando le ali della nostra fantasia, inizieremo ogni volta un nuovo viaggio.
Fin da piccola la mia passione è stata la lettura, ma ancor di più la scrittura. E l’esperienza con la redazione di Megliounlibro mi ha permesso di coltivare entrambe le passioni – che con gli studi universitari avevo un po’ trascurato – in un connubio perfetto.
In questi mesi, sperimentando diversi tipi di linguaggio giornalistico - per la stampa, per il web o per la radio -, sono cresciuta e ho scoperto passo dopo passo cose che prima non conoscevo. Ho imparato molto su me stessa, innanzitutto a mettermi in gioco. Per noi giovani questo è importante perché non solo scopriamo le nostre potenzialità, ma capiamo anche qual è la strada giusta per noi.
Grazie ai consigli della direttrice Laura Prinetti, che mi ha accompagnato durante il percorso del tirocinio, sono uscita dagli “schemi” sciogliendo la mia scrittura. Quando ho iniziato a realizzare le prime recensioni, avendo dei limiti di spazio da rispettare, stavo ore e ore a pensare alla loro struttura, a come iniziare con un l’attacco o a come concludere con un bel finale. Perché brevità non è sinonimo di facilità… Ma con il tempo e con l’allenamento ho imparato a lasciare prima che i miei pensieri spiccassero il volo e solo in un secondo momento a riordinarli.
Sapere che le mie recensioni saranno d’aiuto per altri amanti della lettura mi riempie di gioia, e per questo ringrazio di cuore i singoli componenti della redazione per avermi dato quest’opportunità.
Ad oggi, augurerei a tutti di poter vivere un’avventura come la mia, circondati da persone che amano il loro lavoro e trasmettono la passione agli altri.